Enrico Melozzi: intervista su Sanremo 2012 e futuro
Intervista pre-Sanremo 2023 al Maestro Enrico Melozzi: dal Festival 2012 ai progetti futuri
Sanremo 2023 – Il Maestro Enrico Melozzi, nell’intervista che anticipa il Festival, ci ha raccontato delle emozioni del Sanremo 2012, di quelle di oggi, del cambiamento della musica e dei sui programmi nel prossimo futuro.
Dal Sanremo 2012 alla settima presenza nell’edizione 2023: l’evoluzione del Festival e della musica
Abbiamo avuto l’onore e il piacere di realizzare l’intervista al compositore, direttore d’orchestra, produttore discografico Maestro Enrico Melozzi, che a Sanremo 2023 toccherà quota sette presenze.
Iniziamo l’intervista chiedendo a Enrico Melozzi come è arrivato a Sanremo e le sensazioni che ha provato?
Nel 2011 presentai un album prodotto per Sarah Jane Morris. Alla presentazione di questo disco a Roma venne Noemi, che stava cercando una cantante per un duetto da fare a Sanremo 2012. Sarah Jane Morris è bravissima, aveva i capelli rossi e Noemi, incuriosita, venne a sentire. Il lavoro le piacque e mi chiese se volevo dirigere questo duetto con Sarah. La cosa si fece e andammo a Londra a produrre questo pezzo. Al ritorno mi disse, vabbè, facciamo così, mi piace il tuo lavoro, dirigi pure il pezzo in gara. Così nacque questa prima grande opportunità col brano “Sono solo parole” che ebbe un grande successo, arrivammo terzi. Dopo due anni, ritornai al Festival con Noemi.
Dopodiché c’è stata una pausa durata fino al 2019, anno dal quale non sono più mancato.
Ha notato nel corso negli anni un cambiamento nello stile della musica a Sanremo?
Beh, di sicuro perché la scena Trap ha preso piede, è partita, è decollata. Anche le scelte dei direttori artistici sono cambiate. Soprattutto con Amadeus, che è il direttore artistico con cui ho fatto più Sanremo. Ho fatto un Festival con Morandi, uno con Fazio, uno con Baglioni e tutti altri con Amadeus. Già Baglioni intuì che bisognava coinvolgere artisti che, diciamo sulla carta, non c’entravano niente con Sanremo, ma in realtà rispecchiavano la società.
Se si vuole che tutti guardino il Festival bisogna pensare a un’offerta più variegata possibile. Sanremo era arrivato a un punto che tutte le canzoni somigliavano. I cantanti, ogni volta che andavano al Festival portavano lo stesso tipo di canzone, tranne qualche rara eccezione. Bene o male si scriveva la canzone per Sanremo a prescindere dallo stile dell’artista.
Secondo Lei esiste ancora la canzone o la musica da Sanremo?
Beh, più che altro sono esistite. Anche se, comunque, quando un brano vince Sanremo detta una specie di legge; in giro si pensa che è quella formula vincente e cosa fanno gli autori più sprovveduti o furbi? Copiano quella formula convinti che porti al successo. In realtà non è così, perché una canzone sfonda quando c’è un’alchimia fatta di tanti fattori che assolutamente non si possono copiare. Lo stesso cantante quando vede che gli va bene con un brano fa il successivo che assomiglia. È un po’ una tendenza umana quella di pensare “ma perché devo cambiare”? Invece secondo me il cambiamento e l’imprevedibilità degli ultimi anni hanno riportato al successo il Festival, che per esempio negli anni ’10 era un po’ calato.
Diciamo che l’edizione alla quale ho partecipato nel 2014, è stata come una delle meno viste della storia del Festival. Proprio per questo motivo secondo me. Cambiando approccio il pubblico è aumentato e di conseguenza anche la forza contrattuale del Festival. Prima trovare la rosa dei cantanti era un incubo, invece adesso Amadeus non sa più come deve fare, perché arrivano tante proposte da artisti di primissimo livello. Essendo salito l’audience tutti vogliono andare lì a fare una promozione importantissima e gratuita. Per fare una promozione come quella di Sanremo, di una settimana, dovresti spendere tanto.
Quest’anno sarà la settima partecipazione a Sanremo, le emozioni che prova sono sempre le stesse?
All’inizio, ho provato emozioni anche contrastanti, dettate anche dal fatto che molte cose per me erano sconosciute , come i musicisti dell’orchestra e i responsabili della RAI. Quindi arrivavo ed ero timido, attento a non sbagliare. Dopodiché è subentrata la confidenza e ormai sento quel palco come casa mia, quando sono lì mi sento proprio bene. Mi accorgo che, come dire, la mia considerazione è sempre maggiore, va sempre meglio.
All’inizio ho percepito un leggero e sano nonnismo… Ero un ragazzino… È naturale che si pensasse “Cosa farà? Stiamo a vedere”! Se facevo un errore mi “divoravano”. Ora hanno capito che sono musicista serio, mi conoscono, si divertono con me, mi stimano. Questa situazione mi aiuta anche a essere molto più tranquillo, anche se bisogna stare un po’ in tensione.
∼ Il direttore d’orchestra a Sanremo ∼
È un lavoro talmente complesso, ci sono miliardi di fattori da tenere a mente. Non ultimo quello che tu sei il referente musicale assoluto, sia per la regia che per il direttore artistico, per il cantante come per l’orchestra. Soprattutto il cantante ha bisogno di una figura capace di tranquillizzare. Tu sei lì a dire che va bene, oppure a dare un consiglio al momento giusto e aiutare per un comodo ascolto in cuffia. Bisogna interagire con i fonici, verificare il suono fuori, quello che va in televisione… c’è tutta una troupe a parte che si occupa solo di quello. Si fanno gli ascolti insieme, si cerca un equilibrio, insomma è un lavoro molto complesso, più di quello diun direttore d’orchestra classico.
Il direttore d’orchestra di Sanremo deve sapere orchestrare, tutte le orchestrazioni le devi fare tu; quindi devi realizzare le parti di tutti i musicisti che sono sul palco e far sì che il brano suoni esattamente come il disco. Devi inventare nuove parti perché sul palco ci sono strumenti che magari nel disco non ci stanno. Bisogna capirne molto di fonica, di tecniche e di mixaggio. Devi comunicare col fonico per ottenere un risultato e anche essere un bravo psicologo per riuscire a tranquillizzare l’artista nel momento di bisogno.
Qui, insomma, c’è da fare un lavoro veramente molto articolato, che mi piacerebbe il pubblico conoscesse meglio. Ci sono troppi luoghi comuni sul direttore d’orchestra di Sanremo che un po’ mi infastidiscono, perché questo lavoro è molto complesso.
Come vede il futuro della musica italiana in generale?
C’è quella musica popolare, che a mio avviso sta lentamente invertendo la tendenza rispetto al periodo in cui quella di plastica, come la definisco io, ha preso il sopravvento. Si sta leggermente tornando indietro. Sono sempre di più gli artisti che mi chiedono di orchestrare i brani. L’orchestra era completamente sparita dalla discografia. Grazie al successo di alcuni brani che ho realizzato, questa moda di usare strumenti veri, musicisti reali, non finti, sta piano piano tornando. Quindi diciamo dal punto di vista della musica Pop, vedo comunque la possibilità di un futuro abbastanza roseo.
∼ La situazione della musica Classica ∼
La musica Classica, quella Operistica, quella Sinfonica, gli enti lirici, le stagioni dei concerti classici ecc. rappresentano proprio paradossalmente (per quanto mi riguarda) non l’eccellenza ma l’esatto opposto.
Siamo in una crisi totale. Sono pochissimi i direttori artistici che hanno capito il loro pubblico, qual è lo strumento che hanno in mano. La maggior parte (mi dispiace) sono soltanto autoreferenziali, accademici che non sanno niente di show business e si ritrovano a gestire delle macchine gigantesche senza avere la minima competenza ma solo un blasone. E’ come dire “ho la patente nautica da cinquant’anni e pur non avendo mai guidato la barca sono più bravo io di te che l’hai conseguita da cinque anni”. Questo ci ritroviamo negli enti lirici di tutta Italia.
Penso alla comunicazione che fanno (disastrosa!), vogliono sembrare giovani ma non ci riescono e diventano cringe. E’ proprio un disastro. Siamo in mano al peggio e invece tutto il popolo pensa che quella è la cosa più importante dove ci sono le eccellenze ecc. E’ l’esatto contrario. Questo è preoccupante perché quegli enti assorbono il 99% dei fondi pubblici e li sperperano. La musica Pop non prende un euro.
Se noi andiamo a vedere il livello di oggi rispetto a quello di 50/60 anni fa è sprofondato. Io sono molto preoccupato perché la musica Classica e Lirica sono la mia attività principale.
~ Il futuro della musica Classica da rifondare e l’Orchestra Notturna Clandestina ~
Vedo un futuro nero. Sarebbe bene che quel mondo sparisse da un momento all’altro perché un gruppo di volenterosi e valorosi musicisti e artisti lo rifondassero da zero. Io sono arrivato addirittura a concepire, come in un regime, di vietare la musica Sinfonica, gli spettacoli di musica Lirica e la formazione di orchestre; la mia infatti si chiama Orchestra Notturna Clandestina perché prende spunto da Tadeusz Kantor che è stato un grande drammaturgo polacco, un visionario. Sotto il nazismo gli erano vietati spettacoli che non fossero di propaganda nazista.
Lui fondò il Teatro Clandestino dove sono nati i suoi più grandi capolavori come “La classe morta” e tanti altri testi immortali che hanno modificato radicalmente la drammaturgia teatrale a livello globale. Sono stati concepiti quindi, guarda caso, in cattività, in clandestinità perché quando un dittatore ti vieta di fare uno spettacolo, di fare arte, questa resiste lo stesso, va avanti ma viene fatta solo da quelli che rischierebbero la vita per essa. Gli altri che invece la fanno per affari, per farsi vedere che sono fighi, per blasone ecc. in dieci secondi si metterebbero a fabbricare scarpe, costruire case con mattoni, aprirebbero un ristorante. Il mondo dell’arte sarebbe libero.
Quindi paradossalmente mi auguro una dittatura pur di liberare questo mondo dell’arte che ormai è in mani sbagliate.
A conclusione di questa intervista, andando oltre Sanremo, Le chiedo se può svelare i progetti futuri di Enrico Melozzi?
Vorrei ritornare a scrivere. Ho in progetto una nuova sinfonia perché l’ultima l’ho fatta un anno e mezzo fa, quasi due e si chiama “Sinfonia Notturna”. Vorrei tornare a scrivere opere liriche, visto che ne ho già fatte quattro e mi sembrano poche sinceramente. Ne vorrei fare ancora tante altre. Poi faremo quattro concerti al Nord, subito dopo Sanremo, con l’Orchestra Notturna Clandestina in cui suoneremo la mia musica (quella Classica). Infine spero di continuare con le collaborazioni perché so passare facilmente dalla musica Pop al Rock, dall’Elettronica alla Lirica e alla Sinfonica. Riesco così a non disinnamorarmi di questo ambiente e di questo mondo. Se facessi sempre la stessa cosa sicuramente avrei già lasciato questo lavoro già da anni.
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Foto tratta dalla pagina facebook di Enrico Melozzi
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