30 anni fa il concerto degli Slapshot a Pescara
30 anni fa il concerto degli Slapshot a Pescara presso L’Altra Città.
Anno 1995: era il periodo in cui il Grunge stava rivoluzionando in tutto il mondo la musica.
Alice In Chains, Nirvana, Pearl Jam, Mudhoney e tante altre band americane dominavano le classifiche dovunque.
L’Italia non era da meno. La situazione tuttavia in Abruzzo era diversa.
Al di là della classica tendenza (che prevale ancora oggi) a organizzare concerti di gruppi e cantautori italiani, nella nostra regione c’era ancora chi faceva di tutto per portare artisti stranieri a suonare.
30 anni fa il concerto degli Slapshot a Pescara – un evento epocale
Il 16 settembre 1995 infatti presso L’Altra Città a Pescara ci fu un concerto/evento che ancora rimane nella memoria storica della città: in cartellone c’erano infatti:
- i Bitter, paladini dell’Hardcore Punk bostoniano;
- i Right Direction, band olandese attiva per quasi due decenni e scioltasi nel 2008;
- gli Slapshot, che propongono lo stesso genere dei già citati Bitter ma che vengono spesso classificati anche come Straight Edge / Metal Core o persino come Industrial Metal.
Le premesse per una grande serata c’erano quindi tutte (e così fu).
Chi scrive era ovviamente presente e ha ancora nitidi ricordi di ogni singola nota suonata.
L’attesa nei giorni precedenti
Il pubblico aveva atteso con ansia che arrivasse questo giorno, in città (soprattutto nelle settimane immediatamente precedenti l’evento) non si parlava d’altro.
Indubbiamente gli headliner erano gli Slapshot che erano reduci dal successo dell’album “Unconsciousness” uscito l’anno precedente per la We Bite Records. Il disco includeva infatti dodici brani nel puro stile della band ed è ancora oggi uno dei capisaldi del genere.
Abbiamo chiesto a Ivan Di Marco, cantante dei 217 e fra i principali esponenti della scena Harcore pescarese, di rilasciarci una breve dichiarazione sul concerto.
La riportiamo qui di seguito.
Le dichiarazioni di Ivan Di Marco dei 217
Settembre 1995.
Ricordo Pescara capillarmente tappezzata da intrippanti manifesti raffiguranti una maschera modello Jason spadroneggiare al centro degli stessi con appena sopra questo logo, severo e senza fronzoli, SLAPSHOT from Boston. Nessun altro elemento. I piccoli manifesti li guardavo mentre andavo a scuola, non sapevo di cosa si trattasse precisamente, o forse sì, non ricordavo bene. Il poster girava da giorni. Certo sapevo che si parlava di un concerto, e nemmeno di roba pop, tuttavia percepivo la serietà della cosa, l’evento da non perdere.
La sera di sabato 16 settembre parto da Montesilvano col mio Zippetto, munito di felpetta e pantaloncini approccio al posto. Mi imbatto in una serie di persone molto piu’ grandi me. Nessuno parla con me, sono un metallaro sedicenne che indossa la maglia dei Samael. Non importa. Tutto è nuovo, tutto è strano. Incontro facce del liceo e volti visti in giro. Soprattutto c’è gente in felpetta e pantaloncini, da fuori. Sì conoscevo l’Hardcore, ascoltavo i Biohazard, gli Helmet, i Disgust e i Sepultura di Chaos A.D., ma questa cosa era nuova.
Aspetto fuori da solo, senza che nessuno si avvicini. Poi entro facendo il giro delle distro. Vedo questi tizi super tatuati parlare tra loro, sono giganti completamente ricoperti di tatuaggi. Un po’ ho timore, ma di base mi sento bene. Nessuno giudica e nessuno mi considera. “Nessuno mi farà male quì”, penso. Sono in un posto sano, l’avverte il mio corpo.
L’inizio del concerto
Sale sul palco la prima band, i Bitter: spaccano, non sono poi così lontanissimi dal metal. Li adoro. Mettiamo le mani in bocca al chitarrista, lui si diverte.
Ci si diverte, ci si gasa ma la rabbia vera emerge.
Poi arrivano i Right Direction, e se non sei scemo o malizioso ti rendi conto che Right Direction sta per “giusta direzione”, non per “direzione di destra” ecc. Mi sembrano meno vicini al metal, piu’ puliti del metal ma incredibilmente piu’ incazzati. Tutto è meno brutale del metal e meno da “auditorium”, più d’azione.
La gente poga, balla, qualcuno si lancia. Il palco de l’Altra citta’ è una lunga e profonda pedana ad altezza ginocchio. Non c’è distanza, non c’è rapporto verticale. Il posto esplode e fa caldissimo. Fieramente vesto la mia t-shirt metallara, ma mi giro intorno e vedo rappettari, punks, darkettoni, discepoli di Kurt Cobain…quindi penso che va bene così.
Tutto quello che vedo mi interessa e sento che mi piace. Ad un certo punto sale questo tipo con la chioma albina, completamente ricoperto di tatuaggi; chi diavolo è, mi chiedo: il cantante degli Slapshot. Sembra inquietante, eppure c’è qualche cosa nella tua membrana cerebrale che ti porta a volergli bene da subito. E’ un punk, ma se ci rifletti bene non lo è affatto. Ha una prevalenza muscolare e “distaccata”. La gente si infiamma, è pieno di ragazze, nessuno tira calci e pugni anche se il pogo è violento. L’idea è quella di una comunità. Il posto esplode.
Questa serata ha cambiato la mia vita…
Questa serata ha cambiato la mia vita, la prima di una breve serie. Io non potevo saperlo. Ringrazio le persone che mi hanno regalato la possibilità di un’alternativa.
Prima di tornare ad essere una città, mi piace pensare che il 16 settembre 1995 Pescara sia stata anche una comunità, un mix di sottoculture. Non lo so, precisamente non lo so.
Posso solo ringraziare chi si è messo in gioco rompendo gli schemi. Ringrazio radicalmente quelle persone.
La foto nell’articolo “30 anni fa il concerto degli Slapshot a Pescara” è su gentile concessione di Andrea Sestri
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