Fabio Smitti: quel senso new wave del pop moderno

Fabio Smitti: quel senso new wave del pop moderno

Quel senso new wave del pop moderno nel nuovo album di Fabio Smitti.

Di Fabio Smitti la rete ha accolto i primi video ad anticipare e a corredare il disco che sancisce la sua nascita discografica come cantautore. “Instabile” è un lavoro che in un tempo digitale e denso di futuro, mescola quel passato new wave che alla memoria suona molto come figlio di quella Discipline Records che ha dato i natali a Garbo oltre che ai moderni viaggi “intergalattici” di Ottodix. Sono nomi che tornano nella critica di quest’opera ma sono anche riferimenti parziali visto che Smitti, da buon cantautore, cesella la lirica anche con attenzione: la forma da un lato, il messaggio che non cerca sconti dall’altro. Instabilità di un’esistenza ordinaria: dalle macchine programmabili all’uomo in carne ed ossa. È storia di qualche giorno fa l’uscita del nuovo singolo e del nuovo video: “Sunny Day”. Ed è tutta farina del suo sacco…

Quel senso new wave del pop moderno nel nuovo album di Fabio Smitti, “Instabile”

⁠“Instabile” è l’esordio che in qualche misura significa anche una svolta nel tuo processo creativo? Da band a solista il passo non è automatico o sbaglio?

Le esperienze passate, con i BCS e con Le Vane Intese sono state formative e importanti, ma sicuramente diverse.
Instabile è una prima raccolta di idee autonome, rispetto al suonare e creare in gruppo l’ho vissuto in maniera più intima, personale. Soprattutto a livello di testi, ragionare come cantautore e non come band ti permette di fare delle scelte e di esserne responsabile, nel bene e nel male. Per la musica scambio sempre idee e lavoro con altri artisti, e da lì riesco a tirare fuori il “vestito” per il brano.

⁠L’album sembra attraversato da una tensione tra desiderio di affermazione e fragilità umana: quanta biografia personale c’è dentro?

Ci sono esperienze, dirette e indirette. Ci sono racconti di amici, problemi che ho affrontato o che ho aiutato ad affrontare. C’è storia, esperienza, passato. Più che desiderio di affermazione direi presa di coscienza, nella sua dualità: riconoscere le perdite e accettare il rimorso, non come punto negativo quanto come riflessione nostalgica.

⁠C’è un filo conduttore che tiene insieme le tracce, al di là dei temi affrontati, e che definisce la tua identità artistica in questa fase?

Direi che il punto focale, per i brani di Instabile, è la rivisitazione di sé stessi e di quello che si è vissuto durante il viaggio. In questo mi sento vicino al “mondo”. Da ragazzo percepisci e affronti i problemi in maniera individuale, senza accorgerti che anche chi ti circonda li vive o li ha già vissuti. Da adulto, se hai tenuto occhi e orecchie aperti, hai capito che non sei solo nelle sfide e nelle battaglie. Instabile è per tutti, uno sguardo nitido sui momenti come quelli a cui mi sono ispirato.

⁠E quindi elettronica, chitarre e cantautorato: siedi in un equilibrio anch’esso instabile. Se dovessi dare a tutto questo un’etichetta?

Difficile, direi che non è reggae. Scherzi a parte, mi viene in mente solo cantautorato alternativo.

Quanto contano per te figure cardine di questo genere come Battiato o Subsonica, parlando di un cantautore e di una band? Sono riferimenti opportuni?

Battiato rimane un capostipite “stabile” nel mio approccio musicale, per molti motivi. I Subsonica sono dei colossi di un tempo che possiamo tranquillamente rimpiangere, ma per quanto possa avere delle late assonanze, soprattutto nell’elettronica, sono stato maggiormente contaminato da lavori new-wave o elettronici più vecchiotti e grezzi.

⁠Il suono analogico? Pensi che questo disco possa accoglierlo nudo e crudo?

Adoro l’analogico, e spero di non abbandonarlo mai. Ma non sono un purista, credo che si possa miscelare con il digitale senza porsi troppi limiti. L’unica cosa che non mi ha contaminato è l’artificiale, e per quanto riguarda la musica sono piuttosto diffidente. Cerco di creare musica e testi partendo da emozioni e sensazioni, quindi rimandare queste cose all’intelligenza artificiale mi sembra fuori luogo. L’ho usata per il video di Carma ma ci ho messo molto di mio, quindi lo ritengo un risultato ibrido e non puramente artificiale.

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