Intervista a Fabrice Quagliotti leader dei Rockets

Intervista a Fabrice Quagliotti leader dei Rockets

Intervista a Fabrice Quagliotti leader dei Rockets, inventori dello Space Rock che vantano successi quali Future Woman, Electric Delight, la cover di On the Road Again e Galactica.

I Rockets stanno portando in tour nei teatri italiani il loro ultimo riuscitissimo lavoro discografico “The Final Frontier”, che rappresenta in pieno ciò che è oggi la band capitanata dall’unico storico membro rimasto della celeberrima formazione “argentata”, Fabrice Quagliotti.

Oggi i Rockets hanno una precisa identità musicale frutto di un ibrido di stili che li ha resi diversi da quelli che rivoluzionarono la musica a fine anni’70 ed inizio degli ’80, ma li ha dotati di una forza ancor più dirompente che li fa viaggiare fra elettronica, pop, prog e rock. “The Final Frontier” ha infatti convinto tutti, anche i fan di vecchia data, concordi nel trovare in questo tour e nel disco una band in piena salute che ha ancora molto da dare. Fondamentale in questo nuovo album l’apporto del vocalist Fabri Kiarelli, entrato nei Rockets nel 2023.

Il tour farà tappa al Teatro delle Muse di Ancona domani 5 febbraio: la data è organizzata dalla agenzia abruzzese Best Eventi. È invece purtroppo saltata per motivi tecnici quella di Pescara al Teatro Massimo di domani: chi avesse acquistato il biglietto potrà chiedere il rimborso al circuito d’acquisto entro e non oltre il 20 febbraio oppure assistere con lo stesso al concerto di Ancona.

Questa l’intervista di Abruzzo Oggi a Fabrice Quagliotti.

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Intervista a Fabrice Quagliotti leader dei Rockets, band antesignana dello Space Rock

Come nasce il vostro ultimo album “The Final Frontier”?

“Nasce dopo l’ingresso del nuovo cantante Fabri Kiarelli. Quando abbiamo finito di registrare “Time Machine” mi sono accorto che aveva una voce molto interessante e quindi dovevamo proseguire invece di interrompere la carriera musicale discografica dei Rockets. Volevo fare un altro album, ma mettendo un unico paletto: doveva essere un condensato dell’ “album verde”, di “On the Road Again” e “Plasteroid” in quanto sono i tre dischi perché sono i nostri più rock in assoluto. Fabri è un rockettaro nell’anima e dunque era giusto fare così”.

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Cosa rispondi a coloro che parlano di cambiamento musicale nel corso degli ultimi anni dei Rockets?

“Dico che sono cambiati anche loro! I membri della band sono cambiati, il filo conduttore dei Rockets però è sempre lo stesso. Io avrei cambiato il nome della band qualche anno fa, ma il nostro produttore Claude Lemoine, quando ci incontrammo al tempo della pubblicazione di “Kaos”, mi disse che dovevo continuare a far ardere la fiamma Rockets anche perché se non lo avessi fatto i Rockets forse sarebbero finiti nel dimenticatoio o diventati un gruppo per pochi. Poi anche l’ex batterista Alain Groetzinger mi disse di continuare e lo stesso fece Alain Maratrat con il quale ho anche collaborato in un brano di “The Final Frontier”, “Cosmic Castaway” ”.

C’è un brano che identifica meglio “The Final Frontier” a tuo giudizio?

“Io sono innamorato di “Cosmic Castaway” è coinvolto Alain Maratrat. A mio gusto scelgo “Ride the Sky”, “Sitting on a Star”, quest’ultima perché con le tre parti è un brano prog a tutti gli effetti.  Mi piace “All 4 One” che è un inno. Trovo il nuovo album stupendo e stranamente,ogni volta che ascolto un brano, non sono stanco di farlo come mi succede in altre casi. Il disco ha una grande produzione e il merito è anche dell’amico Michele Violante che è il nostro ingegnere del suono da tanti anni e cura tutti i missaggi. Se ascolti “HD1”, brano prog, ogni volta scopri dei suoni che non avevi carpito la prima volta. Per me questo è il nostro miglior album dopo “Galaxy” ”.

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Parliamo anche di altri due vostri dischi “Time Machine” e “Alienation”: come li inserisci nella vostra produzione?

“ Acquistai i master di “Alienation” da Claude Lomoine circa 18 anni fa e l’ho tenuto per me in tracce separate su un hard disk. Dopo “Kaos” mi sembrò inutile pubblicare un disco come quello. Dopo “Wonderland”, siccome in quel momento avevo deciso di chiudere la carriera discografica dei Rockets, pensai che fosse invece il momento giusto per farlo. Siamo entrati in studio con Michele Violante per ripulire al meglio le tracce e farle suonare come si deve. Ritengo che l’errore della carriera musicale dei Rockets fu l’uscita di “π 3,14” che non c’entrava nulla con noi e ci stroncò la carriera. Un brano come “Non-Stop” era una hit dopo “Galactica”. Tutto va ovviamente contestualizzato al 1981.

Ho voluto fare dunque un regalo ai fan. Quando feci sentire dei brani inediti al nostro discografico Roy Tarrant, lui mi disse però che tutte le più grandi band avevano fatto degli album di cover, i Rockets no e dunque decidemmo che fosse arrivato il momento di farlo. Sono stato 15 giorni a pensare quali brani coverizzare: è molto più facile fare un brano nuovo che non una cover.

Dentro il disco nessun brano ricalca gli originali. Mi piacciono molto “Walk on the wild side” e “Riders on the storm” che hanno un mio arrangiamento e poi Fabri ci ha messo la voce dicendomi che non lo avrei dovuto prendere per pazzo per il risultato finale. Io ho lasciato le cose come erano, lui era stato geniale nel cambiare la melodia. Fare un album di cover è un challenge. Per noi non era una novità coverizzare brani. Ricordo che abbiamo fatto anche brani come “On the Road Again”, ma fino a “The Time Machine” mai un album intero”.

L’avvento di Fabri Kiarelli dicevi ti ha convinto a non interrompere la carriera discografica dei Rockets: cosa ha di particolare lui?

“Mi piace perché un artista, una persona vera, è così come lo vedi e lo ascolti, non è costruito. L’album con lui è venuto fuori con una naturale freschezza. Abbiamo ovviamente discusso molto, ma alla fine trovato la quadra ed è uscito un gran bel disco!”.

Rockets live

I Rockets sono da sempre considerati degli innovatori: vedi nella musica di oggi qualche band o anche cantante che possano essere considerati dei vostri eredi?

“Non esistono! Non ci sarà mai nulla di simile ai Rockets. Noi non siamo mai stati commerciali in questo senso: non siamo né rock, né pop, né trap né altro. C’è un’artista che è riuscita ad avere una sua identità, ma in un altro genere musicale: Billie Eilish. Lei ha creato con suo fratello, testa pensante del progetto, un qualcosa che è completamente fuori dai crismi commerciali, il suo stile è unico. Bisogna saper usare il proprio talento e oggi lo si fa poco. Osare costa troppo, ci sono tanti progetti troppo simili fra loro, c’è poca innovazione”.

Tornando a “The Final Frontier” lo state portando in tour nei teatri: che tipo di concerto si deve aspettare il pubblico per questo tour e in particolare il concerto di Ancona?

“Da oltre 40 anni non portiamo una produzione sul palco che sia nostra: dopo il tour di “π 3,14” non lo abbiamo più fatto. Grazie all’agenzia Tube Music, Play Group per il Service e Megacromia per i laser che ci curano tutto, porteremo un nostro palco multilevel, una scenografia luminosa particolare che si muove, un portale che si apre e si chiude sul quale andiamo a proiettare dei filmati che corrispondono ai brani. Abbiamo un outfit completamente nuovo e anni’90 creato da Katia Creative, personaggio molto noto nel mondo dei cosplayer. Lei ha voluto ascoltare i brani prima di creare i nostri vestiti, poi ognuno di noi ha fatto modifiche in base alla propria personalità. L’impatto visivo è importante quanto il sonoro”.

 

Le foto nell’articolo “Intervista a Fabrice Quagliotti leader dei Rockets” sono state gentilmente fornite da Fabrice Quagliotti

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