Intervista a Mauro Repetto fondatore degli 883

Intervista a Mauro Repetto fondatore degli 883

Intervista a Mauro Repetto fondatore degli 883, band che ha rivoluzionato la musica italiana (soprattutto negli anni novanta).

Testi innovativi, che hanno attratto milioni di fan, portando il gruppo a vincere anche il Festivalbar nel 1993 nella sezione album con “Nord Sud Ovest Est”.

Abbiamo incontrato Mauro Repetto al Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, poco prima di una data del suo spettacolo “Alla Ricerca dell’Uomo Ragno“, che sta riscuotendo un ottimo successo in tutta Italia, registrando sold quasi ovunque.

Fra le tappe previste c’è anche quella di Avezzano, il 12 aprile 2025, presso il Teatro dei Marsi. I biglietti sono già disponibili qui.

Intervista a Mauro Repetto fondatore degli 883: con lui abbiamo parlato della sua carriera, della sua autobiografia e dei progetti futuri

Con gli 883 avete stravolto il modo di scrivere canzoni utilizzando molto i campionamenti e facendo un uso diverso delle metriche dei testi. Come mai?

Perché venivamo dal rap, quindi dovevamo mettere delle tonnellate di parole anche nel pop. Venivamo da quel genere e amavamo comunque la musica americana che ci colonizzava tutti all’epoca (un po’ come succede anche adesso seppur in modo minore). Senza volerlo quindi abbiamo creato un nuovo stile.

Sarebbe ancora possibile oggi secondo te?

Sì certo!

Ci puoi parlare invece del tuo album solista, “Zucchero Filato Nero”, che uscì subito dopo che lasciasti gli 883?

Diciamo che lì era proprio il triplice fischio finale del sogno Usa. Era un album americano con dei rapper locali, io lo producevo, per me era bellissimo, ma alcune vicissitudini ne impedirono l’uscita. Poi l’ho tradotto sul divanetto dei miei genitori in una settimana, l’ho adattato, ci ho perso al cambio ed è diventato “Zucchero Filato Nero”, che è una figata ma ormai non c’ero più con la testa e non dovevo cantarlo io, era una cosa di un gruppo americano. Insomma, una cosa incredibile. Davvero rocambolesca.

Nel tuo libro “Non ho ucciso l’uomo ragno” racconti la tua vita, caratterizzata dall’amicizia con Max, dalla musica, dal sogno americano che coltivavi e tante altri aspetti della tua vita. Ci puoi raccontare com’è nata in te l’idea di questa autobiografia?

È stato veramente assolutamente casuale. Il compianto Massimo Cotto me l’ha proposta. Io ho accettato subito, perché lo stimavo come scrittore. Era un giornalista molto forte e in un weekend gli ho raccontato le mie avventure rocambolesche, lui le ha registrate e le ha le ha poi scritte. E’ stata una cosa quindi proprio casuale.

Lo avete fatto mentre raccontavi la tua storia in ordine cronologico?

Sì è stata proprio una cosa a braccio.

Quanto ti manca l’attività musicale?

Io alla base sono uno “spettatore utente”, quindi in questo senso l’ho sempre coltivata e apprezzata: non mi è mai mancata. Sono uno spettatore che ha la licenza di andare sul palco, come sempre e come facevo trent’anni fa.

Hai qualche progetto futuro in cantiere di cui si può parlare?

Per il momento io lavoro alla Walt Disney Company come event executive, quindi sono proprio un impiegato. In un certo senso c’è Fantozzi che esce sempre, anche se c’è l’ambizione di essere Johnny Depp: il Fantozzi dentro di me mi dice però che il progetto del futuro è andare in ufficio perché oggi c’è meno smart working, non è più come dopo il Covid che ci andavi un giorno alla settimana, quindi il progetto dei prossimi giorni è andare in ufficio alla Walt Disney Company.

 

La foto nell’articolo è di Marco Vittoria © Diritto esclusivo sulla foto dell’autore

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