Intervista ad Ares Tavolazzi leggendario bassista degli Area
Intervista ad Ares Tavolazzi leggendario bassista e contrabbassista degli Area. Tra le sue collaborazioni anche dischi con Francesco Guccini, Paolo Conte, Antonello Venditti, Dik Dik e tanti altri artisti della musica italiana.
Lo abbiamo incontrato prima di una sua masterclass, tenutasi presso il Fictio Circolo Arci a Chieti sabato 5 luglio 2025, a cui è seguito un concerto con Tony Pancella e Massimo Manzi.
Intervista ad Ares Tavolazzi leggendario bassista degli Area che ha suonato con Francesco Guccini, Paolo Conte, Antonello Venditti, Dik Dik e tanti altri artisti
Cominciamo parlando di questa masterclass. Vorrei sapere in particolare: a chi si rivolge?
“Un po’ a tutti, questa era l’idea, perché non ha un tema specifico. È un incontro della durata di due ore con chi vuole porre domande, musicisti e non, curiosi… ”.
Come si sviluppa più o meno?
“Non lo so, dipende”.
Dal pubblico che sarà presente?
“Certamente, perché io a volte faccio le masterclass a tema che durano un po’ di più, qualche giorno o giù di lì. Io non so chi ci sarà a un incontro impostato in questo modo, per cui non ho un tema preciso. Vedremo… parleremo un po’, mi faranno delle domande alle quali risponderò: sarò a loro disposizione”.
Essendo stato anche io un bassista mi aspettavo che l’incontro si sarebbe sviluppato trattando scale o argomenti simili…
“Io sono qui, però se c’è un bassista solo cosa faccio? È questo il problema delle masterclass, secondo me, poiché sono aperte a tutti. Non posso permettermi di dire “allora adesso vi faccio vedere questo e quello”. Potrebbero dirmi: “ma io lo so già” oppure “ma io non ho ancora cominciato a suonare” o anche “io suono il basso elettrico”. È difficile prevedere come si evolverà l’incontro… Vedremo chi parteciperà e poi decideremo”.
Lei ha collaborato con tutti i più grandi della musica italiana, spaziando anche nei generi. Come riesce ad adattarsi?
“Per me è stato naturale, perché ci sono cresciuto con quella musica. Ho cominciato a suonare con le orchestre già a 15 anni. Da lì in poi ho iniziato a fare il turnista a Milano, in seguito ho lavorato per Francesco Guccini, Paolo Conte e Fabio Concato. In seguito vennero gli Area ed è nato l’interesse per l’improvvisazione e il Jazz (dagli anni settanta in poi).
Un po’ per volta sono arrivato a fare solo quello. Ho un passato musicale che potremmo definire “variegato”. Questa è stata la mia vita, è andata così, non so perché, ma non ci sono state scelte.
Non è che decidevo al mattino, dopo essermi svegliato. Oggi mi dedico al Pop oppure ad altro genere. Avevo bisogno di lavorare, avevo famiglia e quindi ho fatto di tutto. Col passare del tempo invecchiando ho detto a me stesso “Io voglio fare ciò che mi piace e basta”. Adesso posso permettermelo e lo faccio”.
Gli Area venivano spesso incanalati nel filone Progressive, pur avendo sempre sconfinato. Come se lo spiega?
“Gli Area non erano un gruppo Prog, non lo sono mai stati. Erano artisti che si occupavano della musica in senso totale. Ascoltavamo di tutto, dal jazz alla musica etnica e poi mettevamo insieme le idee che provenivano dagli ascolti. Dipendeva anche dal fatto che Demetrio Stratos era greco e ci occupavamo anche di musica dell’est. All’epoca si sperimentava e si provava parecchio, al contrario di quanto accade oggi”
Sarà perché le generazioni moderne sono restie a sperimentare e provare?
“Internet ha cambiato tutto: oggi c’è la fretta, il cosiddetto “tutto e subito”. Allora non era così, c’era semmai il bisogno di esprimersi insieme. Per farlo bisognava provare e vedere poi cosa ne veniva fuori e in seguito si modificava qualcosa. Il nostro percorso è arrivato fino ad oggi, ma gli Area non sono stati mai un gruppo Prog”.
Può essere (per esempio) che oggi vanno di moda generi come la Trap, dove non è nemmeno necessario saper suonare uno strumento, per entrare in classifica?
“In fondo sono cambiati anche i tempi: tutto è diverso, poi non dimentichiamoci che Internet ha permesso a chiunque di fare le cose in casa, per esempio. Allora, invece, per fare un disco dovevi avere uno studio, una casa discografica, andare in uno studio, registrare, al di là del fatto se sapevi suonare o no. Un po’ perché anche allora c’erano i cantautori, non è che fossero dei musicisti, erano più dei chitarristi con tante idee che scrivevano canzoni. I musicisti mettevano del loro in studio e così nascevano gli arrangiamenti dei brani, per cui c’era anche allora la gente che suonicchiava, proprio come adesso. Solo che allora non era così facile fare un prodotto”.
Può essere anche che all’epoca c’erano anche i produttori che avevano un peso maggiore?
“Certo, e c’erano anche i canali che erano la radio e la televisione. Adesso tu fai una cosa e dopo mezz’ora è già su Internet e quindi qualsiasi sia la qualità di ciò che hai fatto, è visibile a centinaia di migliaia di persone, se non milioni. Una volta questo non era possibile, questa è la ragione. Adesso tutti sono in grado di fare tutto, nel bene e nel male”.
Questa non è la sua prima volta a Chieti…
“No, nel corso degli anni sono venuto tante volte, adesso però non ricordo in quali occasioni”.
Una volta la ricordo anche con Rita Marcotulli per la Settimana Mozartiana… Qual è comunque il suo rapporto con la città e più in generale con l’Abruzzo?
“Io mi trovo bene in Abruzzo, perché mi piacciono gli abruzzesi: è gente alla mano, poi ho lavorato tanti anni con Mark Bass e Marco De Virgiliis la cui azienda è qui in zona.
Vado in giro in tante regioni e non è che amo particolarmente una più di un’altra. È anche un po’ difficile da dire”.
Progetti futuri?
“Non ne ho. Forse suonare il più possibile, non dico con chiunque, ma possibilmente con i più giovani, perché mi stimolano molto a livello musicale”.
La foto nell’articolo è di Marco Vittoria © Diritto esclusivo sulla foto dell’autore
Si ringraziano per la gentile collaborazione Enrico Raimondi del Fictio Circolo Arci – Chieti e Tony Pancella
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