Intervista a Piero Mazzocchetti celebre tenore abruzzese
Intervista a Piero Mazzocchetti celebre tenore abruzzese che abbiamo incontrato per voi prima di un suo concerto a Palena in occasione delle feste patronali.
Con lui sul palco anche Francesco Mammola alla fisarmonica e al mandolino, Pierluigi Santullo al pianoforte, Roberto Desiderio alla batteria e Gabriele Pesaresi al basso.
Attualmente è impegnato su diversi fronti (Crossover Academy, tour e nuovo disco in uscita nel 2024).
Intervista a Piero Mazzocchetti celebre tenore abruzzese. Parliamo con lui della sua carriera, della formazione musicale dei giovani con la sua Crossover Academy e dei progetti futuri
Quando e come nacque la sua passione per la musica?
E’ nata da quando avevo 6 o 7 anni. Iniziai a muovere le dita sul pianoforte e i miei intuirono che avevo una predisposizione per la musica.
Iniziai così a studiare. In seguito andai in chiesa ed entrai nel coro. Avevo 10 / 11 anni quando il prete mi disse che avevo una voce particolarmente forte e mi consigliò di smettere di suonare il pianoforte e mettermi a cantare con il coro.
Non mi fermai mai più, andai in Conservatorio ed è da lì che partì un po’ tutto il mio discorso da adolescente fino agli studi. A 19 anni andai poi in Germania e iniziai la mia carriera
Cosa consiglierebbe a un giovane che vuole approcciarsi a questo mondo dato che ha pure una scuola di musica?
Il consiglio non c’è… Come in ogni disciplina (che sia lo sport o lo studio o qualsiasi altra cosa) suggerisco di impegnarsi, di individuare un obiettivo, di perseguirlo e inseguirlo per tutta la vita perché il lavoro del musicista è come quello dello sportivo.
Infatti la professione di musicista non finisce mai, fino a quando hai la forza di farlo devi adoperarti e devi impegnarti e sacrificarti molto.
Raccomando ai ragazzi di fare le cose per bene, di farle con grande cura e con grande attenzione e soprattutto con grande rispetto per sè stessi e per la disciplina che si sceglie di seguire.
Fra le tante cose, lei ha inciso anche un tributo a Pavarotti. Con che criterio scelse i brani? Non deve essere stato semplice selezionarli fra centinaia di arie…
Non è stato facile. Abbiamo cercato con la Sony di scegliere i brani che erano un po’ più rappresentativi a livello internazionale, quindi di non prendere quelle arie non dico troppo sconosciute ma che erano troppo di nicchia.
Abbiamo quindi individuato quelle opere come la Tosca, la Turandot, l’Aida, il Nabucco, I pagliacci (per esempio) che hanno più forza comunicativa e soprattutto anche una riconoscibilità a livello internazionale e le canzoni che Pavarotti amava particolarmente (le napoletane, le romanze di Tosti, le canzoni di Bixio come “Non ti scordar di me” e “Parlami d’amore Mariù”, che questa sera interpreterò nel mio concerto anche se in chiave rivisitata con arrangiamenti nuovi).
Siamo nel 2023, credo che un’artista come me che strizza l’occhio alla musica leggera ma che viene dal classico debba in qualche modo rinnovare e innovare questi grandi capolavori per farli fluire al pubblico giovane.
Quest’anno ha partecipato a “Shchedryk – Peace for Ucraine”, un progetto a cui hanno preso parte anche artisti del calibro di Ian Anderson dei Jethro Tull e Ghigo Renzulli dei Litfiba. Cosa può raccontarci di questa esperienza?
Più che un’esperienza è un dovere, perché noi artisti abbiamo a volte il compito (quasi una missione), grazie al linguaggio universale che è la musica, di iniettare pillole di pace in una situazione e in un contesto mondiale che forse oggi è davvero imbarazzante e preoccupante. Se la musica quindi a volte riesce a smuovere un po’ le coscienze e a donare anche per qualche minuto un po’ di serenità e di tranquillità credo che l’obiettivo e l’intento siano nobili e giusti.
Avendo un’esperienza più che decennale, qual è invece la canzone oppure l’album a cui è più legato?
Sono un po’ tutti figli degli stessi genitori, quindi dal primogenito che è “L’eternità” che mi ha dato fortuna in Germania fino all’ultimo “Istanti”, prodotto con Beppe Vessicchio nel 2017, al di là dei risultati e delle critiche e dei dischi venduti e delle canzoni che hanno avuto più o meno fortuna.
Ripeto: sono tutti figli. A volte però noi artisti amiamo più i pezzi che non hanno avuto una grande visibilità e una grande risonanza. Forse perché ci legano a un contesto nostro privato o a un trascorso o un momento anche autobiografico della nostra vita rispetto a dei pezzi sui quali non puntavamo e invece hanno avuto fortuna.
Tutto ciò perché a volte il gusto musicale di un’artista è molto più critico e se vogliamo anche un po’ troppo difficile rispetto all’orecchio che ha il pubblico nell’ascoltare i pezzi di musica leggera.
Lei ha collaborato anche con Gabriele Cirilli, altro grande abruzzese…
Sì, ci siamo divertiti sotto covid perché purtroppo sono stati due anni in cui non sapevamo cosa fare. Ci siamo quindi ritrovati da amici, da abruzzesi (lui è sulmonese, io pescarese). Gli ho detto “ma che facem?”. In quel momento ci è venuto in mente di scrivere una canzone, “Il ritmo degli esseri umani”, che in qualche modo unisse un po’ la lirica nel mio scimmiottare la lirica come ai tempi di quando Pavarotti cantava Buongiorno con invece la comicità e la bravura anche artistica di Gabriele (perché ha una bellissima voce) ed è uscita questa combinazione che ci ha fatto molto divertire. Ovviamente abbiamo dato anche dei soldi all’Unicef grazie a questa canzone.
Quanto è forte invece il suo regalo il suo legame con la nostra regione?
Il mio non è un legame bensì un’appartenenza, è una vera simbiosi. Io vivo e ho investito nella mia terra d’Abruzzo.
Dopo tanti anni all’estero potevo scegliere di andare a vivere dove volevo a Roma a Milano.
Credo che nella vita ho ricevuto tanto dall’Abruzzo. Altrettanto all’inizio però mi è stato tolto perché 25 anni fa non esistevano strutture che dessero la possibilità ad artisti come me di crescere e di formarsi.
C’era solo il Conservatorio, e quindi era particolarmente difficile.
Ho voluto aprire le strutture presso la Crossover Academy per evitare che tanti ragazzi dovessero ripetere la mia esperienza. Intendo cioè di prendere una valigia e partire.
Credo che riuscire a studiare nella propria terra vicino ai propri affetti sia importante. E’ poi un grande dovere anche uscire fuori, dimostrare chi si è e tornare. Quando si ha 19/20 anni però lasciare tutto è molto complicato
Progetti futuri (se si possono rivelare)?
Eh… ma io sono sempre sul palcoscenico. Stiamo progettando un nuovo disco verso gennaio / febbraio. Dovremo, però, ancora trovare la quadra perché è un disco internazionale che ha tante contaminazioni e tante ovviamente collaborazioni trasversali come quella di Ian Anderson dei Jethro Tull e tanti altri artisti che in qualche modo si sono avvicinati alla mia arte e io alla loro.
Abbiamo trovato questa formula crossover, il poterci contaminare. La formazione professionale mi sta dando molta soddisfazione. Devo ammetterlo, riesco a formare tanti ragazzi grazie a un team straordinario (in parte sono i miei musicisti). Direi quindi che formazione e carriera in questo momento viaggiano su uno stesso binario.
Si ringraziano il comitato feste di Palena e l’artista per la gentile collaborazione
La foto nell’articolo “Intervista a Piero Mazzocchetti celebre tenore abruzzese” è di Marco Vittoria © Diritto esclusivo sulla foto dell’autore
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